Settembre, tempo di vendemmia. Quale occasione migliore per veder nascere il famoso Rossese di Dolceacqua ? Questo vino rosso, tipico dell’estremo ponente ligure, nasce fra due valli: la Val Nervia e la Val Verbone che prendono rispettivamente i nomi dagli omonimi torrenti.
Decido quindi, armato di scooter per comodità, di addentrarmi in questa Liguria fitta e nascosta.
Il mio viaggio parte da Camporosso (IM) dove prendo la stretta strada degli Olandesi SP 69, strada ripida e molto tormentata, in direzione Ciaixe Magauda. In pratica mi ritrovo in cima alla vallata del Nervia.
Seminati qua e là, mi imbatto in vigneti privati ed improvvisati. Ma, man mano che i chilometri scorrono e la strada si fa sempre più stretta ed impervia, cominciano a svelarsi vigneti molto più grandi e curati. Sono le vigne della Tenuta Giuncheo che mi ospiteranno per assistere ad un giorno di vendemmia.
La giornata un po’ velata mi ricorda che Agosto è finito e che l’autunno è alle porte; ma lo spettacolo è comunque di alto livello. L’annata sembra buona e l’assenza di perturbazioni dell’ultimo minuto hanno assicurato acini maturi ed in buona salute.
Le ceste rosse vengono riempite con cura da mani esperte e, per ultimo, verranno raccolte dal trattore fra i filari, riunendo così il frutto di un’intera stagione.
Saluto il cantiniere della tenuta, Marco Romagnoli, e continuo il mio itinerario fotografico. Passato qualche chilometro, finisco nei possedimenti delle Terre Bianche dove anche loro stanno vendemmiando a tutta andare.
Decido quindi di scendere giù a valle, a Dolceacqua, dove mi accoglie l’amico ed enologo Fabio Corradi della cooperativa Maixei che sta pigiando le uve raccolte dalle varie aziende vitivinicole locali.
Gli chiedo di parlarmi del Barbadirame, Rossese Superiore barricato di loro produzione, classificato come Vino Estremo e di indicarmi quale fazzoletto di terra produce i frutti di questa perla rara.
La località si chiama Luttu e non la troverete sul gps della vostra auto. Nasce come stradina senza nome, fra il comune di Rocchetta e quello di Isolabona. Anche qui c’è da salire per circa 20 minuti verso il cielo. Sono contento di non aver scelto la macchina per questa esperienza nell’entroterra ligure. La strada, dopo poco, è solo un vago ricordo: sempre più stretta, l’asfalto liscio lascia il posto rapidamente ad un bitume grezzo, fra tornanti ed ulivi imperiosi. Estrema è già la strada che, sul finire, diventa sterro e polvere.
Ma sono in cima, non c’è più niente se non un piccolo altopiano sotto il cielo ora azzurro. Sarò a circa 5/600 metri s.l.m. e lo spettacolo è da spezzare il fiato.
Qui, in questo angolo di paradiso, dove solo arrivare in scooter è stata un’impresa ardua, Giuseppina Tornatore e consorte gestiscono questi vigneti con fatica e passione, coltivando l’uva per questo vino eroico, figlio della fatica dell’uomo.
Cian da Marchisa è l’insegna riportata sopra la porta della tenuta la quale, attraverso i filari, lascia intravedere il mare ligure in lontananza; la strada di casa è ancora lontana. Ma che posti meravigliosi.